APRE IL MIO STUDIO DI PSICOLOGIA ED IPNOSI

ROMINA CIUFFA
psicologa (Iscrizione Ordine degli Psicologi del Lazio n. 22761)
ipnoterapeuta (Scuola di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana diretta da Camillo Loriedo)

mail: info@rominaciuffa.com

MODULO DI CONTATTO RAPIDO
al link: https://www.psichelogia.com/consulto

Riceve negli studi di:
ROMA
(Centro Storico, Metro Barberini o Spagna)
CASTELLI ROMANI
(Monte Compatri)
MILANO
(Centro-Zona Navigli, Metro Sant’Agostino o Porta Genova) previo accordo ONLINE sulle consuete piattaforme
e in viaggio (METODO DROMO)

LINGUE > italiano, inglese, spagnolo, portoghese

PRINCIPALI AMBITI DI INTERVENTO

  • ansia, attacchi di panico, disturbi psicosomatici
  • ossessioni, dipendenze
  • LGBTIA, con particolare riguardo alla tematica omosessuale e di orientamento sessuale
  • dipendenza da farmaci e psicofarmaci
  • supporto all’età evolutiva (bambini ed adolescenti) in ambito scolastico, ripetizioni, aiuto nei compiti, socialità
  • disturbi da stress post-traumatico
  • terapia di coppia
  • insicurezze
  • ”mal d’amore”
  • ipnoterapia se necessario

Le sessioni di terapia psicologica seguono principalmente il modello di Milton Erickson. Sedute “classiche”, ma anche movimento, gite, passeggiate, compiti, e ciò che possa essere d’aiuto all’inconscio nello specifico, nella sua unicità: la classe dei cani non è essa stessa un cane. Si abbandona il letto di Procuste, ossia non si effettua alcuna forzatura (nella mitologia greca il brigante Procuste, anche conosciuto come “stiratore”, costringeva gli ignari viandanti in un letto scavato nella roccia, misurandoli: se troppo corti li stirava con l’incudine, se troppo lunghi e sporgenti li amputava fino a farli rientrare; le vittime, nei due sensi, morivano tra atroci torture). Il processo è naturale, si incoraggiano anche le resistenze, si promuove il cambiamento in un approccio naturalistico, si dorme sia corti che sporgenti senza stirare né amputare, grazie al dialogo con l’inconscio. Junghianamente riassumendo: alla parola viene affidato tutto ciò che non si è potuto ottenere con mezzi onesti.

MODELLO ERICKSONIANO. Il modello di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana si fonda sull’esperienza dello psichiatra, psicoterapeuta ed ipnoterapeuta statunitense (daltonico, dislessico, tonalmente sordo, poliomielitico, paralizzato) Milton Erickson (1901-1980) che, imparando a guarire se stesso, seppe guarire gli altri. Scoprì sin da giovane la focalizzazione ideodinamica indiretta (ogni idea tende a tradursi in atto): seduto su una sedia a dondolo, completamente paralizzato, si esercitava a pensare di guardare la finestra e immaginava che la sedia dondolasse; facendo questo esercizio, via via riprese piena padronanza dei movimenti. Era autoipnosi. Il suo lavoro nel tempo rivoluzionò le stesse fragili fondamenta dell’ipnosi e si pose come base dei nuovi approcci della psicoterapia strategica (di cui è considerato il padre, e nell’ambito della quale collaborò con George Bateson, che gli inviava pazienti), della psicoterapia breve-strategica (Paul Watzlawick a Palo Alto, Giorgio Nardone in Italia), della programmazione neurolinguistica (PNL), del costruttivismo, del coaching/counseling.

L’inconscio è di per sé strumento di guarigione, già detentore delle risorse utili al percorso evolutivo dell’individuo. Il quale non sa accedervi. Lo psicologo è colui che – attraverso il dialogo diretto con l’inconscio stesso per via di storie suggestive e metafore più o meno percettibili come tali dall’ascoltatore, nonché di un linguaggio “vago” (Milton Model), ma sempre nell’ambito di un rapport unico con il paziente – pone questi in grado di utilizzare “se stesso” per trovare la sua via d’uscita. La trance è “solo” un ambiente dove imparare, dove modificare il proprio stato. E non è, come si crede, il “dormire”: si può essere in trance anche nel pieno esercizio delle proprie funzioni cognitive, senza rendersene conto. Ogni giorno si cade in trance spontaneamente quando, leggendo un libro, guardando un film, assorti nei propri pensieri, scarabocchiando su un foglio mentre si è al telefono (scrittura automatica), non si sentono i rumori, non si vedono i dettagli, si dimentica un’intera stanza, un’intera spiaggia, un’intera isola, un intero mondo. Si cade in trance quando si sta ricordando, quando si ascolta un interlocutore, quando si fa la doccia, in un déjà-vu.

L’ipnoterapeuta induce la trance e, nel modello ericksoniano, assume un ruolo di guida, riassunto nell’asserzione ipnotica di Erickson: la mia voce ti accompagnerà (“My voice will go with you”). In questo spazio suggestivo, gestisce le risorse in senso favorevole alla persona che già le detiene, focalizzandosi sul suo benessere psicologico e, ove necessario, fisico (è il caso dell’analgesia e dell’anestesia). L’ipnoterapeuta protegge il paziente, e ciò può fare possedendo gli strumenti della psicoterapia: chiunque svolga pratiche di ipnosi senza una istruzione adeguata ed un titolo che la certifichi, non è qualificato. Lo psicoterapeuta ha compiuto studi che attengono direttamente alla diagnosi e alla terapia dei disturbi psicopatologici; e poiché la clinica e la sperimentazione sono strettamente legate, lo psicologo ipnotista rigorosamente diretto alla sperimentalità deve avere pratica dell’ipnoterapia. Chi è abilitato all’ipnosi? La mia risposta è qui: www.rominaciuffa.com/ipnosi-soggetti-abilitati/.

Risulta fondamentale la qualità della “coppia” terapeuta-paziente, di tipo relazionale e speculare. Il terapeuta andrà plausibilmente in trance prima del suo paziente in un rapporto di complementare fiducia: l’ipnotista non farà ipnosi alla persona ma con la persona. Il rapport sarà basato sul tailoring, poiché esattamente come in sartoria sarà ritagliato il vestito adatto a ciascun individuo. Così come fece innanzitutto su se stesso Milton Erickson, trovando soluzioni che implementassero le sue risorse e ridimensionassero i suoi (molti) handicap: si cucì addosso un completo che fosse “completo” proprio perché suo, e che lo “completasse” là dove sembrava/era dato per scontato che lui non potesse arrivare. Nonostante la sua grave disabilità fisica, affrontò da solo un viaggio in canoa pur senza la forza nelle gambe necessaria per muovere la canoa fuori dall’acqua, nuotare, pagaiare; per tutta un’estate navigò lungo il Mississippi, nutrendosi dei pesci che pescava e delle piante che trovava, e percorse 1.200 miglia. Dopo questa esperienza, il suo torace era aumentato di 15 centimetri, poteva nuotare per un chilometro e mezzo e pagaiare dall’alba al tramonto. E non fu la sua unica impresa. Questa non è una potenzialità di Erickson: è la potenzialità di tutti.


Milton Erickson

ESPERIENZE. Romina Ciuffa, laureata in Psicologia all’Università La Sapienza di Roma (già avvocato, dopo aver conseguito le laureee in Giurisprudenza all’Università LUISS-Guido Carli nel 1999, e in Scienze Politiche all’Università ROMA TRE nel 2001), ha, tra l’altro, lavorato presso il Carcere di Rebibbia in sostegno ai carcerati del Complesso Penale prima (Ministero di Giustizia), quindi del SerT (Servizio Tossicodipendenze) nel Nuovo Complesso (alcol, droga, gioco d’azzardo), specializzandosi nelle dipendenze (Ministero della Salute), con la dott.ssa Anna Augusta Taddeo. Ha trascorso anni nella Favela della Rocinha (Rio de Janeiro) occupandosi delle problematiche della comunità, con principale attenzione alle dinamiche dell’infanzia e dell’adolescenza dei ragazzi di strada e, negli adulti, delle situazioni di malessere, povertà, malattia.

È specializzata in Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana presso la scuola di Roma, diretta dal prof. Camillo Loriedo, psichiatra, docente di Psichiatria presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, direttore della UOC di Psichiatria e Disturbi del Comportamento Alimentare presso il Policlinico Umberto I, autore di innumerevoli pubblicazioni. 

Ha collaborato come psicologa con il dott. Emanuele Mazzone nel Presidio di Riabilitazione NUOVA SAIR a Roma, attraverso l’applicazione agli adolescenti autistici dell’ipnosi indiretta. Il Presidio accoglie giovani autistici cui vengono erogate prestazioni riabilitative, attività di carattere ludico-ricreativo e ludico-sportivo e attività sanitarie di tipo medico-infermieristico. L’area di azione del centro è la periferia di Roma est, caratterizzata da un alto livello di disagio socio-economico e marginalità.

Giornalista con all’attivo molte pubblicazioni sul tema della psicologia, i suoi articoli sono pubblicati sulla rivista quarantennale SPECCHIO ECONOMICO, in una specifica rubrica che lei stessa cura, e sul suo sito MUTATIS MUTANDIS nella categoria PSICOLOGIA (www.rominaciuffa.com/category/psicologia/).

Opera anche su METODO DROMO, di sua elaborazione: www.dromobility.com/metododromo.

Messo a punto in anni di viaggi e dromomania dalla stessa Romina Ciuffa, il METODO DROMO prende atto della necessità di fuggire – tacciata dai più con un connotato negativo e grossolano – e la utilizza come risorsa per superare ericksonianamente l’empasse. Attraverso la terapia, l’ipnosi e viaggi mirati, sarà utilizzato il “tempo di fuga” da taluni problemi non come semplice (e pericoloso) stacco e distacco, bensì come crescita e velocizzazione del metabolismo emotivo attraverso il ricorso ai nuovi stimoli o il corretto impiego degli antichi. Sarà un viaggio alla ricerca di se stessi, in superamento di fobie, depressioni, attacchi di panico, ossessioni, ed altro. Particolarmente indicato per affrontare e/o risolvere i problemi di una coppia, ivi inclusi quelli attinenti il tradimento, di cui è punto di forza. Si sviluppa in un viaggio mentale ed effettivo, una partenza vera e propria “senza ritorno”. 

Per contatti diretti e chat: www.psichelogia.com

 




TRAUMA SENTIMENTALE: GIORGIO NARDONE LO SPIEGA BREVEMENTE E STRATEGICAMENTE

Trauma sentimentale: oggetto dei nostri giorni, del nostro divenire. Sempre più incerto, traghettato da uno spazio temporale in cui l’uomo era al centro della relazione ad uno in cui è la relazione ad essere al centro dell’uomo. Anche oggetto di un workshop tenuto dal fondatore del CTS, Centro di terapia strategica di Arezzo, Giorgio Nardone che, legatosi come psicologo e ricercatore alla Scuola americana di Palo Alto, è divenuto l’erede di un grande Paul Watzlawick, filosofo e psicologo, unico autore tradotto in ottanta edizioni differenti, avente la capacità di sintetizzare il lavoro di eminenti studiosi – da Gregory Bateson a Donald deAvila Jackson e Milton Erickson – in un unico e rigoroso modello teorico e applicativo. Finanche il padre del costruttivismo Heinz Von Förster amava dichiarare di essere lui stesso una invenzione di Watzlawick. È con quest’ultimo che nel 1987 Nardone fonda il suo centro aretino, dove applica il modello della terapia breve-strategica, particolarmente adatto alla risoluzione dei traumi, incluso quello sentimentale, per il suo approccio netto e veloce.

Nell’ambito del IV Congresso di psicologia della Società italiana di psicologia e psicoterapia relazionale (SIPPR) presieduta dal professor Camillo Loriedo, dal titolo «Psicologia in evoluzione. Progetti e soluzioni della psicoterapia per il futuro», tenutosi a Roma negli ultimi quattro giorni di settembre, anche d’amore s’è trattato. Con Nardone, sono intervenuti sul tema gli psicologi Piero Petrini, Luisa Martini e Giovanna De Maio. «Un ruolo ingrato, in quanto esponente maschile–afferma Nardone–quello di aprire il dibattito: e non è un caso, perché quando si parla di traumi sentimentali chiedono aiuto al 90 per cento le donne». Nel mondo egizio, tra i modelli più avanzati di società, spiega il fondatore del CTS, un editto prescriveva: se cogli una donna in flagranza di adulterio punisci il marito. «Erano già molto saggi. Possiamo anche rovesciare le cose. Smettiamola con la prosopopea del vittimismo. Il tradimento, da un punto di vista interazionale, non è mai un atto singolo, individuale, ma sempre di interazione».

Specifica che negli ultimi anni alcuni Paesi si stanno orientando verso una legislazione nuova: i matrimoni a termine, una profezia triennale che si autoavvera solo in quanto formulata. Il disturbo da iperattività sessuale, ora bandito dal DSM (il Manuale diagnostico dei disturbi elaborato dalla Società di psichiatria americana) definiva malato l’uomo che avesse più di due rapporti sessuali a settimana. Negli ultimi due decenni, per Nardone la ricerca scientifica ha subito la corruzione della misura quantitativa: calcoli da laboratori, non sul campo, e statistiche portano a deformazioni. Come dire che tutti al mondo mangiamo un pollo a testa a giorno, ma c’è chi ne mangia dieci e chi nessuno, e il problema dell’hypersex era emerso da una valutazione a livello mondiale della quantità media dei rapporti sessuali di una coppia dai 25 ai 50 anni, che dava un risultato di un rapporto e mezzo al mese. È la statistica.

«Grazie a questo–analizza Nardone–si era arrivati a ritenere rigorosamente scientifico, perché quantitativamente misurato, un disturbo completamente inventato da una deformazione di scientismo, di riduzionismo, non di scienza. Purtroppo di esempi come questo possono farsene anche riguardo psicopatologie molto più importanti e anche su ricerche che si danno il tono di scientificità, in questo ed altri campi». Cominciamo ad utilizzare il dialogo strategico con noi stessi, suggerisce il padre della breve-strategica. «Portiamo le persone di fronte alla condizione estrema del trauma sentimentale vissuto dal vivo, ossia la flagranza del tradimento, un’immagine che rimane con la densità di un disturbo post traumatico».

A proposito di tradimento Luisa Martini, psicoterapeuta e didatta dell’IIPR, l’Istituto italiano di psicoterapia relazionale, fa riferimento al romanzo «I giorni dell’abbandono» di Elena Ferrante, dove, tra i due partner sottoposti ad uno stress da tradimento, a morire è il cane Argo: la fedeltà. È il fedele che soccombe. In ogni fedeltà che non conosce il tradimento, e neppure ne ipotizza l’esistenza, c’è troppa infanzia, troppa ingenuità, per riprendere Umberto Galimberti. «Nelle relazioni con un altro significativo–spiega la Martini– è necessario mettere in conto il tradimento delle aspettative fantasmatiche di entrambi i partner, di ciò che ciascuno di essi si attende dall’altro ma, non di inferiore rilevanza, da se stesso in relazione con l’altro: ciò fa parte delle nostre possibilità di crescere nella conoscenza di noi stessi e di chi è con noi. La fiducia infantile rischia di divenire una prigione. Accade che il mondo del tradito perde tutti i suoi significati e che entrambi i partner devono riorientarsi. Il tradito vuole sapere tutto, il traditore si sottopone all’interrogatorio».

James Hillman arriva a postulare una verità fondamentale relativa al tradimento: non si danno amore e fiducia senza possibilità di tradimento. Hillmann parla, nei suoi lavori, delle reazioni disfunzionali al tradimento: vendetta, negazione dell’altro, cinismo («tutti gli uomini sono inaffidabili»), negazione di sé («non mi esporrò mai più»), scelte paranoiche (la persecuzione, ad esempio, valida soprattutto ai tempi del web e dei social network).

Nardone, in modo «breve-strategico», pone una domanda chiave: dopo un trauma sentimentale, non solo tradimento, cosa fare? Lasciare il partner o rimanere? Come si arriva a capire quale sarà la scelta migliore? «Ho affrontato questo argomento in un mio libro sul trauma nelle decisioni. Si arriva alla soluzione solo dialogando con se stessi, ma non con la parte razionale: con quella viscerale. Bisogna mettersi sul ciglio del precipizio e verificare quali sono i brividi, per citare la ballerina Sylvie Guillem». Essa sostiene che mantenersi sul precipizio sia l’unico modo per un artista di restare vivo.

La domanda fondamentale da farsi, per Nardone, non è «mi ama ancora?», perché questo è delegare mentre bisogna, invece, fare i conti solo con se stessi. Nemmeno domandandosi «amo ancora?», bensì «posso farne a meno?». L’interrogativo corretto apre scenari il più delle volte non contemplati, perché «quando si comincia ad immaginare in se stessi la vita senza quel partner, quindi a sperimentarla, ci si accorge di qualcosa che prima non si riusciva a vedere. Trovata la risposta, si ha già la strada da percorrere. Nel dialogo strategico–spiega–sono le domande che fanno le risposte. Il problema si pone se la risposta è: non si può fare a meno di quella persona. Ma in tal caso, è necessario evitare di fare la figura della vittima o del vendicatore: se non si può farne a meno, la risposta è chiara e si agisce di conseguenza, senza tornare indietro».

Parlare di traumi sentimentali è qualcosa di viscerale, è parlare del poter fare a meno di qualcuno o no. Da cui il percorso successivo. «Abbiamo bisogno di riduttori di complessità, ossia di stratagemmi che ci consentano di risolvere la complessità attraverso soluzioni semplici. È l’uovo di Colombo, sia pure sofferto: una sofferenza che non è attraversata si trasforma in una lenta agonia, la quale è ben peggiore. Il mio amico Emil Cioran diceva: il coraggio che manca ai più è il coraggio di soffrire per cessare di soffrire».

Se per Pietro Petrini il trauma sentimentale porta ad una dissociazione in grado di primitivizzare l’uomo, Giovanna De Maio spiega cosa evitare e come riprendersi da un trauma sentimentale: «Un abbandono è così devastante da essere paragonato a un vero e proprio lutto: si è sconfortati, inermi, si tratta di una perdita. Per Cesare Pavese un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra miseria, nullità, inermia, e così sintetizza la condizione di fine avvertita quando si entra in contatto con la parte più vulnerabile di se stessi».

Il terapeuta potrà accompagnare la persona che ha subito la perdita attraverso le cinque fasi di elaborazione del lutto descritte da Elisabeth Kübler-Ross: rifiuto («non può essere successo»), patteggiamento («torniamo insieme», «faccio tutto quello che non ho mai fatto prima», «prometto»), rabbia («mi ha ingannato»), depressione («ho sbagliato tutto», «non c’è futuro»), infine accettazione. Cercare di non pensare è già pensare, il tentativo vano di distrarsi non fa altro che allungare il tunnel dei sintomi; l’abbandonarsi è sicuramente la cosa più importante da fare, non come consigliano i familiari, gli amici, il cui dire non fa altro che intensificare il senso di inadeguatezza. Il terapeuta deve sintonizzarsi con il dolore e la sofferenza dell’altro, evidenziando come non ci sia nulla di patologico o sbagliato nel continuare a soffrire. Il dolore delle perdite sentimentali non sparisce: esso decanta. Per agevolare il processo bisogna immergersi come una bustina di tè nell’acqua bollente.

Per questi psicologi dunque, del trauma sentimentale non bisogna vergognarsi. Tutt’altro: esso va ascoltato, e attentamente. (ROMINA CIUFFA)

GALLERIA

#gallery-1 { margin: auto; } #gallery-1 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-1 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-1 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */