AUGURI AUDITORIUM, DA E CON L’AD JOSÉ DOSAL NORIEGA

ROMINA CIUFFA intervista JOSÉ R. DOSAL NORIEGA, amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma. Auguri Auditorium: il complesso compie 14 anni, la Fondazione Musica per Roma 12, la presidenza di Aurelio Regina 6, e il suo nuovo amministratore delegato, lo spagnolo José Ramón Dosal Noriega, ne ha appena compiuto uno di mandato. Nel corso del 2016 è stato messo a disposizione del pubblico un patrimonio di nomi, eventi ed emozioni che vanta pochi esempi nel mondo: dal 1° gennaio al 19 ottobre si sono registrati 258 mila spettatori per circa 490 eventi ed un incasso lordo di 8 milioni e 136 mila euro. Ma, nella migliore tradizione italiana, recentemente i media si sono scaraventati contro la nuova amministrazione, plausibilmente senza dati alla mano (la conferenza stampa di apertura della nuova stagione si è tenuta solo dopo), dando eco a critiche buie, distruttive e, soprattutto, corali non nel senso di «coro», bensì in quello del «copia-incolla». Ho posto le domande d’uopo direttamente all’amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma, i cui soci sono il Comune di Roma (che ha conferito in concessione d’uso per 99 anni l’immobile Auditorium alla Fondazione), la Camera di Commercio, la Provincia di Roma e la Regione Lazio.

Domanda. Cosa ha generato l’accanimento mediatico ottobrino avverso l’ultimo anno di Auditorium?
Risposta. Credo che sia naturale, nel momento in cui arriva un nuovo responsabile culturale in città e a capo di una struttura così importante, suscitare la curiosità della stampa. Tutte le critiche mi sono state utili e posso affermare oggi, ad un anno dal mio arrivo, che nulla è mutato nell’andamento dell’Auditorium, né biglietti né spettatori, e abbiamo anche un bilancio positivo. Non sono un politico, voglio solo lavorare e per il bene di questa nostra istituzione, con tutto il mio impegno.

D. Cinque erano gli obiettivi che si era prefissato: Auditorium 2.0, internazionalizzazione, territorio, giovani, Auditorium va in città. Può indicarcene i risultati?
R. Per «Auditorium 2.0» abbiamo inteso lavorare per essere sempre più vicini al pubblico più giovane attraverso i canali social come Facebook, Instagram, Twitter, cresciuti del 200 per cento. Siamo anche la prima istituzione culturale ad aver lanciato un canale Telegram ed un canale Spotify, in un solo anno. L’Auditorium ha un nuovo «visual» e immagine coordinata che richiama le stagioni. Inoltre abbiamo realizzato 8 flash mob in città per il format «Auditorium Va in Città» e preso contatti con grandi istituzioni culturali straniere. Per la nostra internazionalizzazione, faccio riferimento innanzitutto alla negoziazione di rilevanti scambi di coproduzione e contenuti con il Barbican Centre di Londra; con Madrid stiamo trovando un accordo; in Messico, abbiamo parlato con il ministro della Cultura Rafael Tovar y de Teresa, che essendo già stato ambasciatore in Italia conosce perfettamente Roma e l’Auditorium, e posso anticipare che c’è una trattativa volta a firmare un accordo di amicizia con il Cenart, Centro nazionale delle arti, istituzione messicana corrispondente alla nostra, e credo che questa possa essere la porta d’ingresso per l’Auditorium nei confronti dell’America Latina.

D. L’assessore alla Crescita culturale di Roma Capitale Luca Bergamo ha dichiarato che c’è poca partecipazione dei romani alle attività culturali. Come avete affrontato l’obiettivo «territorio»?
R. Abbiamo iniziato con un progetto di analisi del pubblico per capirne le esigenze e le aspettative. I primi intervistati sono stati i genitori. È emerso che il 95 per cento di essi vuole appuntamenti culturali all’interno dell’Auditorium. Abbiamo così avviato il format «Auditorium Family», dedicato ai bambini e alle famiglie con oltre 30 appuntamenti durante tutto l’anno. Un esempio per tutti, «GiocaJazz», nato per creare interesse e ispirare le nuove generazioni verso tutta la musica e le sue forme. Durante l’estate abbiamo lanciato «Luglio Suona Bene Kids», un servizio grazie al quale il genitore poteva assistere a un concerto mentre i propri bambini giocavano ed imparavano negli altri locali dell’Auditorium. Quello che io ho compreso dalle affermazioni di Bergamo è che tutte le istituzioni culturali di Roma devono fare qualcosa in più per coinvolgere la popolazione presente sul territorio. Ed è per questo che l’analisi del pubblico, dai più giovani, ai frequentatori assidui, continuerà nei prossimi mesi.

D. Perché secondo lei c’è questa difficoltà a Roma?
R. Questo pubblico vuole andare allo spettacolo, vederlo e poi tornare a casa. Sarebbe bello, invece, che rimanesse anche dopo, o che arrivasse in anticipo per partecipare ad altre attività prima dello show, cercando un’esperienza completa, non circoscritta al tempo di durata dello spettacolo. Bisogna, a mio parere, fare di un evento culturale o di un concerto un’esperienza culturale per godere di tutto il suo contenuto.

D. Questo non può dipendere anche dal fatto che lo spirito italiano di oggi è lamentoso, un po’ meno raggiante rispetto ad altri Stati?
R. C’è un leggero senso di paura dopo tutto quello che è successo, parlo degli attentati terroristici, c’è un «effetto Bataclan». Ma adesso, con la fiducia che abbiamo nelle istituzioni italiane, credo non debbano esserci timori relativi all’Auditorium, dimostratosi sicuro perché tutte le norme di sicurezza sono rispettate. Quello che vogliamo fare è trasmettere un’esperienza gioiosa alla gente di Roma per godere interamente dei nostri contenuti.

D. Non è forse la qualità che manca, un «effetto reality» che abbassa la qualità della cultura in generale?
R. Certo, è così. Oggi c’è un problema innanzitutto con i giovani, che con i tempi moderni sono abituati ad avere tutto e subito, la musica e le relazioni sociali sul telefonino. Manca il concetto della profondità del sapere quali siano le cose di qualità. La nostra scommessa, che è anche uno degli obiettivi che ci siamo prefissati, è lavorare per il giovane attraverso tutti i social network per avvicinarlo all’Auditorium, e anche questo fa parte dell’obiettivo «Auditorium 2.0». Proprio per questo abbiamo lanciato un programma molto semplice sotto l’hashtag #ILoveAuditorium, ossia una Carta Giovani con la quale offriamo a chi ha tra i 18 e i 35 anni uno sconto del 25 per cento sui biglietti di eventi e mostre, una visita guidata per due persone all’interno della struttura il sabato e la domenica, inviti alle nostre inaugurazioni, la possibilità di frequentare gli spazi espositivi, la migliore offerta dei pacchetti non dedicati ai giovani. Tutto questo funziona in modo semplicissimo: basta recarsi alla cassa con un documento di identità e si riceverà lo sconto. Da febbraio sarà possibile acquistare la carta online dopo aver ricevuto un codice utente.

D. Per i giovani c’è anche il «Recording Studio»: cos’è?
R. È l’iniziativa che permette al pubblico di assistere in presa diretta alle registrazioni della nostra etichetta discografica «Parco della Musica Record». Grande attenzione è dedicata ai giovani talenti e alle band emergenti, con un occhio particolare verso la musica jazz.

D. Cosa può dire dell’obiettivo «Auditorium va in città»?
R. Sono veramente felice per i flash mob che abbiamo fatto: siamo andati a Fontana di Trevi, all’aeroporto, al mercato di Testaccio, al Pantheon. Questo vuol dire portare l’Auditorium in città per far vedere alla gente quello che succede da noi.

D. Allora a cosa è dovuta tutta questa tensione che si è verificata?
R. Come ho detto all’inizio, credo sia stata eccessiva la preoccupazione da parte dei media romani rispetto ad un nuovo arrivo. Io rispondo con i dati: con la rassegna «Luglio Suona Bene», abbiamo avuto circa 85 mila spettatori, quasi 40 concerti, e per me è stato un grande successo. Ora abbiamo un’altra grande stagione davanti, come le ho raccontato. Invito tutti i giornalisti a parlarne perché sempre più romani e presenti in città possano venire e goderne.

D. Quindi un bilancio positivo?
R. Certo, anche in qualità. Lo scorso anno con il presidente Regina abbiamo pubblicamente spiegato la situazione tecnica della Fondazione, per cui avremmo dovuto affrontare costi esterni alla gestione corrente. Sottolineo che si è trattato solo di un problema tecnico e non di scarsa affluenza di pubblico. Il segreto di questo mestiere è trovare equilibrio tra il commerciale e il culturale ed è difficile trovare il giusto compromesso. La mia responsabilità è mantenere il livello di eccellenza che ha avuto sempre l’Auditorium.

D. Come sarà la nuova stagione?
R. Stiamo lavorando per il secondo anno e per la nuova programmazione. Credo che sarà un anno bellissimo, e sarà importante anche per la creazione del Polo Museale e la costruzione del Museo dell’Auditorium con la Collezione Sinopoli, la Villa Romana, gli strumenti musicali. Una cosa che mi ha colpito molto è aver ottenuto il nome «Flaminio Auditorium» per la stazione Flaminio di Roma; un’altra cosa interessante è stata la possibilità di impiegare lo strumento dell’art bonus per il mantenimento della struttura. Quest’anno faremo 11 festival, 170 ore di lezione, 250 concerti, più di 500 appuntamenti. La nuova stagione regalerà un’esperienza profonda allo spettatore, il programma è in continua evoluzione. Tra gli ultimi artisti confermati, Vinicio Capossela e Patti Smith, con un progetto in onore di Papa Francesco. Tra le novità importanti la direzione del Festival Equilibrio 2017 affidata a Roger Salas, e il Roma Rock, nuovo festival dedicato alle band emergenti.
D. Siete in trattativa anche con il nuovo premio Nobel per la letteratura, il musicista Bob Dylan.
R. Siamo in contatto con il suo management da prima del conferimento del premio, e sono sicuro che alla fine riusciremo ad averlo qui con noi.     (Romina Ciuffa)




JOSÉ R. DOSAL NORIEGA: FONDAZIONE MUSICA PER ROMA, L’AUDITORIUM DI “PIANO” SEMPRE PIÙ VELOCE

di ROMINA CIUFFA. «Cerco un Paese innocente», scriveva Giuseppe Ungaretti nella poesia «Girovago». Oggi arriva a Roma uno spagnolo nato a Città del Messico, José Ramon Dosal Noriega. Succede a Carlo Fuortes (dal 21 dicembre 2013 sovrintendente della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma Capitale) e si predispone alla guida dell’Auditorium Parco della Musica: è lui il nuovo amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma, realtà giuridica nata il 19 luglio 2004 nel passaggio dall’originaria forma di società per azioni con la quale venne istituita nel 1999, in effetti la prima grande trasformazione di una spa in Fondazione consentita dalla riforma del nuovo diritto societario. Quattro i soci fondatori: il Comune di Roma, che ha conferito in concessione d’uso per 99 anni l’immobile Auditorium alla Fondazione, la Camera di Commercio, la Provincia di Roma e la Regione Lazio. Per Statuto il presidente è nominato dal sindaco di Roma, dura in carica quattro anni, può essere confermato; il vicepresidente è nominato dalla Cciaa.

Il Consiglio di amministrazione è oggi composto da soli 5 membri, compresi il presidente ed il vicepresidente, nominati tre dal sindaco, uno dalla Cciaa, uno dalla Regione Lazio. Una riduzione, quella da 16 a 5 membri, che non ha mancato di suscitare polemiche: il 14 agosto è infatti entrata in vigore la legge n. 125 approvata il 6 agosto, convertendo il decreto legge n. 78 del 2015 in materia di enti territoriali e obbligando il brusco taglio dei consiglieri di amministrazione, senza che l’allora sindaco di Roma Ignazio Marino, in partenza per gli Usa, firmasse tempestivamente l’ordinanza sindacale a conferma delle 16 nomine indicate il 10 agosto.

Fuori così, dal Consiglio di amministrazione musical-romano, tra gli altri, Luigi Abete, Gianni Letta, Giovanni Malagò, Paola Santarelli, Sabrina Florio, Umberto Croppi, Nicola Maccanico.
Restano, con Dosal Noriega, il presidente Aurelio Regina (azionista alla guida di Manifatture Sigaro Toscano) e la consigliera Azzurra Caltagirone (presidente della Fgc spa e vicepresidente della Caltagirone Editore spa), nomi indicati dal Comune di Roma; Lavinia Biagiotti Cigna (vicepresidente del Gruppo Biagiotti), nominata vicepresidente dalla Camera di Commercio; e il consigliere Valter Mainetti (amministratore delegato e azionista di riferimento di Sorgente Group), quale rappresentante della Regione Lazio in seno alla Fondazione.

Oltre ad essi per statuto, il presidente della Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia partecipa alle sedute del Consiglio di amministrazione quale invitato permanente senza diritto di voto: è Michele Dall’Ongaro. Nell’Auditorium ha infatti trovato la propria casa Santa Cecilia, una delle più antiche istituzioni musicali nel mondo, fondata ufficialmente nel 1585: la sala omonima, che all’interno dell’Auditorium ospita la sua stagione sinfonica, è tra le più grandi sale da concerto europee.

La nomina dell’amministratore delegato è il frutto dell’emissione di un bando internazionale; presente nella rosa dei cinque finalisti, Dosal Noriega è stato eletto dal Consiglio di amministrazione a norma di statuto. Allora il sindaco capitolino, che compiva uno degli ultimi atti del proprio mandato, l’accoglieva sottolineando come l’ingresso del manager spagnolo, scelto tra personalità importanti e prestigiose riconosciute in tutto il mondo, fosse «un’innovazione nel segno della trasparenza e della qualità, della competenza e delle capacità professionali». Il Paese «innocente» di Ungaretti? Quel Paese ungarettiano è, per Dosal Noriega, proprio il nostro, sebbene stenterebbe a crederlo un italiano. Secondo lo spagnolo, «il problema è che la gente di Roma non sa quello che ha, ma fuori si sa che cos’è l’Auditorium e si sa quello che è Roma». Si sente a casa, dopo aver velocemente studiato l’italiano e meno velocemente imparato tutto ciò che ci fosse da sapere sull’Auditorium e l’Italia per vincere la gara: «Siamo a casa nostra. Tutti siamo a casa, qui all’Auditorium, perché questa è la casa di tutti: è della musica, della cultura, dell’arte, di Roma. Della vecchia Roma, non la città conosciuta ma la capitale dell’Impero, dove sono nati cultura, diritto, giustizia». Una lunga esperienza, riconosciutagli nell’ambito di una gara dalle caratteristiche internazionali nella quale si è confrontato con ben 140 manager che, come lui, hanno presentato la candidatura a guidare una delle istituzioni culturali più prestigiose in Italia e, per la proprietà transitiva, nel mondo. 

Chi è, allora, questo straniero?

Dosal Noriega si è occupato della direzione e organizzazione di spettacoli musicali e di danza per importanti teatri in Spagna e in Argentina: il Lope de Vega di Madrid, il Coliseo di Buenos Aires, il Barcelona Teatre Musical. Dal 2003, è l’amministratore delegato della Producciones Renacimiento, specializzata nella produzione di grandi concerti musicali, spettacoli teatrali, appuntamenti sportivi, eventi per imprese e istituzioni; nella commercializzazione di diritti di ogni tipo (sponsorizzazione, marketing, autore, tv, immagine); nella creazione ed attuazione di campagne pubblicitarie. Dal 2005 al 2007 è stato direttore generale della Madrid Deportes y Espectaculos, concessionaria della gestione del Palazzo dello Sport della Regione Madrid, e dal 2001 al 2003 amministratore delegato e direttore generale della Corporacion Interamericana de Entretenimiento.

Ora, a Roma. La situazione al suo arrivo è quella fotografata nel bilancio 2014, in positivo per il dodicesimo anno consecutivo: un utile prima delle imposte pari a 39.147 euro, un margine operativo lordo di 557.590 euro. Nel corso del 2014, all’interno dell’Auditorium sono stati realizzati dalla sola Fondazione Musica per Roma 589 eventi, di cui 564 di natura culturale e 25 di natura congressuale. Agli eventi proposti da Musica per Roma hanno partecipato 613.126 spettatori (erano 612.851 l’anno precedente); gli spettatori di appuntamenti soggetti a Siae sono risultati 341.974 (+4,22 rispetto al 2013), i partecipanti a mostre, festival e altri eventi culturali sono stati oltre 271 mila. Gli incassi della biglietteria risultano pari a 5.276.940 euro.

Domanda. Benvenuto a Roma, benvenuto all’Auditorium. Cosa significa per lei essere qui?
Risposta. È stato come se Santa Cecilia mi chiamasse a dirigere l’orchestra: questa è la massima ispirazione di un gestore culturale. In questo Auditorium c’è un’identità unica, prima di tutto per essere progetto di Renzo Piano, quindi per la maniera in cui esso è stato costruito e la disposizione tecnica delle sue sale, infine per tutta l’attività che è ospitata in questi ambienti. A Roma non si sa ciò che si ha, fuori sì. È veramente un onore e un orgoglio per me aver partecipato a questa gara in un processo chiaro e trasparente: ho compiuto uno sforzo immenso per superare centinaia di candidati che, come me, aspiravano a gestire questo Auditorium.

D. Come si è svolta la gara che l’ha portata a Roma?
R. È stata difficilissima, i candidati arrivavano da tutto il mondo e ho dovuto studiare davvero tantissimo. Ho prima presentato la domanda via internet, mi è stata notificata la ricezione del curriculum e, dopo la prima scrematura, si è svolto un primo incontro su Skype, e a seguire un incontro conoscitivo: un colloquio di lavoro vero e proprio che si è svolto a Roma e si è trasformato in un esame di finanza dalla durata di 4 ore. Mi hanno praticamente osservato dalla testa ai piedi, come vestivo e come parlavo. Siamo rimasti in 5 e questa rosa di finalisti è stata data al Comune di Roma, che poi ha fatto la scelta. Il 15 giugno 2015 ho ricevuto la chiamata del sindaco di Roma in persona che mi comunicava la vittoria: è stata la telefonata più bella della mia vita, il momento più importante della mia carriera professionale. È questa la massima ispirazione di un gestore culturale.

D. Quale è stato il primo impatto nel momento del suo insediamento effettivo?
R. Quello che ho notato qui è la presenza di una bellissima squadra, ho trovato personale con un grado di professionalità elevatissimo e un modello di gestione impeccabile. Devo ringraziare il mio predecessore Fuortes per aver lasciato una tavola ben disposta. La linea editoriale che ho incontrato è quella giusta per un’istituzione del genere.

D. Cosa farà per noi? In che modo proseguirà o cambierà l’opera di Fuortes e del precedente consiglio di amministrazione?
R. Il mio apporto sarà diretto in 5 punti fondamentali. Il primo va in direzione di un equilibrio tra parte commerciale e parte culturale: tutti sappiamo che la cultura è cara e che un contenuto di tipo commerciale è più facile da impiegare dal punto di vista finanziario, e ciò rileva il ruolo che ha la cultura nell’equilibrio e nel supporto all’economia di una città e di un Paese. Il secondo punto è quello della redditività: dobbiamo compiere un grande sforzo verso il dimensionamento dell’attività, generare un’offerta editoriale interessante in grado di attirare qui un pubblico lieto di scambiare il proprio denaro con contenuti culturali di alto livello. Come terzo punto, avvicineremo l’Auditorium a Roma. Ho notato che la gente lo ama, ma non basta: dobbiamo renderlo di tutti. Questa è anche la ragione per cui abbiamo fatto una pista del ghiaccio ed una programmazione vicina alla gente: bisogna dare un senso di appartenenza dell’Auditorium. Come quarto punto, ci impegneremo fortemente ad accompagnare ogni tipo di attività capitolina, anche sportiva, culturale e della moda: l’Auditorium deve essere lo specchio di tutte le attività che si svolgono a Roma, non solo quelle musicali ed artistiche. La settimana della moda romana, ad esempio, dovrà avere nell’Auditorium uno specchio, che noi dobbiamo preparare nell’ambito di una linea editoriale che si unisca ai nostri più consueti contenuti di intrattenimento. La moda non è arte, non è cultura? E la cultura, a mio avviso, è la congiunzione tra esperienza ed anima, che offre la possibilità di sfruttare i personali gusti e le emozioni. Il quinto punto è quello dell’internazionalizzazione: tutto il mio impegno sarà profilato verso una proiezione internazionale del contenuto editoriale, che dovrà essere universale. La cultura non richiede passaporto.

D. Dall’occhio della sua significativa esperienza internazionale – Buenos Aires, Madrid, Barcellona, Città del Messico – cosa vede eccellere in Roma?
R. Una cosa importantissima che posso definire in due parole: profondità e concetto, che costituiscono il vero valore aggiunto della cultura italiana a 360 gradi. Un esempio: Santa Cecilia, con più di un secolo di storia, rappresenta la musica classica e ne è la custode, e la cultura italiana costituisce la culla in cui è nato tutto e da cui tutto è partito, che ha influenzato il mondo intero distinguendosi per la profondità, la verità e la varietà. L’Opera è nata qui, ed è un mio impegno rispettare questo e, come sarà mio impegno, diffondere ancora di più le attività dell’Auditorium facendo comunicazione in ambito internazionale. A questo proposito stiamo parlando con il Conaculta, Consejo Nacional para la Cultura y las Artes de México, e con la Spagna per un interscambio di contenuti. Per dar seguito al quinto punto della mia gestione porterò avanti questi e altri scambi culturali.

D. Il taglio dei consiglieri che c’è stato, quindi il ritorno a cinque, ha prodotto molte polemiche, anche in ragione del fatto che il sindaco uscente potesse essere responsabile di non aver agito tempestivamente rispetto alla legge con una ordinanza di nomina. Cosa ne pensa?
R. In generale bisogna guardare alle cose da una prospettiva pratica: innanzitutto penso che un Consiglio formato da cinque persone sia più maneggevole, quindi va benissimo così. Ma non posso dire se in futuro sarà meglio o peggio l’aver modificato l’idea di avere in esso molte persone di elevata rilevanza nel panorama culturale italiano. Adesso posso solo affermare che mi impegnerò al massimo per stabilire una relazione con esse, perché il progetto che abbiamo è importante e quindi ho bisogno di tutto il supporto possibile. Dal punto di vista tecnico-giuridico la mia opinione non è importante, quello che penso è che necessitiamo di tutto questo talento e forza per prendere il cammino della redditività.

D. Come saranno coinvolti in questo i privati?
R. Questa è l’eterna battaglia: dobbiamo fare cultura senza redditività o dobbiamo invitare i privati? La cultura è cultura, non è né privata né pubblica. Posso promettere che i privati avranno un coinvolgimento molto significativo, perché dobbiamo trasformare i finanziamenti privati in cultura, sempre rispettando il principio di indipendenza finanziaria, di autonomia e di rispetto della linea editoriale dell’Auditorium.    (ROMINA CIUFFA)

Anche su Specchio Economico – Gennaio 2016